Credere o no?

Non credo di non credere.

Il dubbio è qualcosa di solido a cui aggrapparsi di fronte a quello che spiazza e anche se sono spesso spiazzato, comunque credo molto.
Rido, mi fa ridere chi non crede fermamente e categoricamente. Chi è talmente alla ricerca di un Dio da scrivere di essere Ateo o Agnostico con la A maiuscola. Un po’ meno mi fa ridere chi crede ciecamante. Io non so dove sono; ma ovunque io mi trovi non vedo il caso, non vedo l’evoluzione, non vedo “infiniti relativi”, vedo anche cose che abbagliano. Se non le vedo le immagino, se non le immagino le sogno, se non le sogno nemmeno, probabilmente esistono comunque.

Forse si ha paura di perdersi in un credo di gruppo e spersonalizzante, addirittura gerarchico. Anch’io ho paura, eppure sono convinto che nell’epoca del “tutto va customizzato” (dai social network al credere), faccia bene una ventata di cecità indiscussa. Credere in qualcosa (pensato da altri) per sentirsi un tuttuno con gli altri, ma allo stesso tempo non una massa.
Gaber diceva che mille uomini possono essere persone e al contempo un uomo solo può fare massa. Chi è legato alla realtà a tal punto da non accorgersi della realtà mi fa ridere. Il fisico pasticcione secondo me è il vero scienziato, quello che non si limita a trovare le leggi sul tutto e sul niente, ma vuole capire le leggi sulle leggi, l’impossibile, perché esiste un ordine così notevole, un ripetersi di tutto a vari livelli.
Prima viene il gioco e poi il resto per noi, rari esemplari in via d’estinzione dell’Homo ludens.

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